31 Mag Il futuro della professione di Architetto in Italia a 100 anni dalla sua istituzione
Le professioni in Italia hanno subito negli ultimi decenni un lento e inesorabile declino – da un lato – si è perso completamente il valore sociale che rivestono i professionisti iscritti ad un Ordine professionale – dall’altro -l’eliminazione delle tariffe, l’equiparazione alle imprese e la mancata riforma legislativa delle società tra professionisti, ha contribuito a marginalizzare sempre più e a svuotare il ruolo centrale che è necessario per consentire al professionista di svolgere il proprio ruolo.
A tutto ciò si sono aggiunti gli interessi dei “poteri forti” che hanno tutto l’interesse a neutralizzare l’operato di un soggetto che, per definizione, è libero e non deve rendere conto a nessuno, se non alla propria coscienza nell’interesse collettivo, costringendolo e incasellandolo in ambiti ristretti senza alcun spazio di manovra e senza possibilità di difesa. L’attacco è partito, anche ingenuamente da chi lo ha proposto, con l’eliminazione dei minimi tariffari e si è proseguiti con la scomparsa totale delle tariffe e l’equiparazione alle imprese, innescando una concorrenza tra professionisti non sulla qualità, sulla professionalità, sulla competenza, sulla diligenza, sul rispetto delle regole, sulla deontologia professionale, ma semplicemente sul prezzo più basso. Si sono cancellati 100 anni di storia facendo credere di rendere un servizio ai cittadini abbassando il costo dei professionisti, in realtà abbassare il costo dei professionisti significa esattamente il contrario, nell’ambito della nostra professione di Architetti, vuol dire aumentare i costi dell’esecuzione, abbassare notevolmente la qualità, peggiorare e degradare gli spazi in cui viviamo, il paesaggio che ci circonda, gli ambiti storici e consolidati, ovvero “buttare a mare” il nostro patrimonio storico-architettonico-ambientale e paesaggistico che ci invidiano in tutto il mondo, per non parlare di sicurezza in termini di antisismica, in un paese a forte rischio, di sostenibilità energetica dove siamo i forte ritardo rispetto agli altri paesi.
Nel nostro caso, i “poteri forti” che hanno voluto tutto ciò sono: le grandi imprese di costruzione che la fanno sempre più da padrone in un mercato ogni giorno più monopolista, le grandi società che gestiscono fondi immobiliari SGR che stanno prendendo il sopravvento nella trasformazione del territorio e degli ambiti urbani, i grandi committenti che hanno grossi interessi speculativi nella gestione del territorio e nelle trasformazioni urbane, la politica che si mette sempre al servizio dei grandi interessi. Tutte queste realtà si sono coalizzate con l’obiettivo comune di isolare e rendere innocuo un soggetto “libero” che non risponde alla loro sollecitazioni e ai loro interessi, ma che fa l’interesse della collettività, le norme che regolano l’edilizia in Italia sono andate sempre più nella direzione di togliere responsabilità alla pubblica amministrazione e di scaricarle sul professionista che non ha armi per difendersi, sono state infatti introdotte una serie di norme per complicare la vita dei professionisti, dalla digitalizzazione alla formazione obbligatoria alle abilitazioni in ogni ambito, alle polizze assicurative sempre più stringenti, senza, dall’altro canto favorire una migliore organizzazione, una aggregazione, anche multidisciplinare, necessaria per via della maggiore complessità del nostro lavoro, anzi incentivando con interventi fiscali sbagliati, vedi iva forfettaria, l’isolamento sempre più dei professionisti.
La responsabilità è anche di noi professionisti che ci siamo chiusi nel nostro guscio e non abbiamo saputo reagire agli attacchi che ci venivano operati, il professionista, specialmente architetto, è per definizione restio all’aggregazione, allo spirito di gruppo, alla difesa collettiva, ma è stato un errore continuare a incaponirci con i nostri metodi tradizionali e non reagire ai continui tentativi di volerci annientare.
Dal punto di vista previdenziale e fiscale anche li i problemi non mancano, il potere di acquisto di un libero professionista in Italia negli ultimi 50 anni si è completamente ribaltato rispetto ai dipendenti pubblici e privati. Il reddito medio lordo di un architetto in Italia, prima della bolla del superbonus, era sceso a 22.000 €, il che si traduce in una pensione da fame, senza avere tutte le tutele che hanno i dipendenti (TFR, malattia, 13°, 14°, incentivi, buoni pasto, assicurazione, formazione, etc), il meccanismo dell’iva forfettaria ha poi dato inoltre la botta finale, contribuendo a creare disparità tra professionisti, obbligando coloro che lavoravano in gruppo a separarsi facendo esattamente il contrario di quello che andava fatto.
A tutto ciò si aggiunge un degrado inesorabile della formazione universitaria che sta sfornando sempre più professionisti non all’altezza dei compiti che gli competono, negando la “selezione” durante il corso degli studi universitari, che è alla base della “selezione naturale” indispensabile per la creazione di una classe qualificata di professionisti come è stato fino alla fine degli anni ’80/’90. Anche in questo caso la politica e i grandi interessi hanno avuto un ruolo determinante nel rendere l’università non un luogo di crescita e di apprendimento, ma una “scuola” generica dove ognuno fa il suo compitino e non si premia la qualità, il talento, la passione e la professionalità.
Tutte queste considerazioni non ci devono far rassegnare ad una inesorabile scomparsa dei professionisti in Italia, ma dobbiamo avere la forza di reagire spinti dalle importanti novità, vedi l’intelligenza artificiale, che potrebbero decretare definitivamente la nostra fine o potrebbero essere un’occasione di riscatto per riscoprire il nostro ruolo.
Nel 2024 abbiamo celebrato i 100 anni della legge che ha istituito la professione di Architetto e Ingegnere in Italia (legge n. 1395/1923, «Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti»), è stata un’occasione per condividere la storia della professione, individuando sfide e strategie per proiettare le competenze degli architetti nelle trasformazioni del territorio e delle nostre città, nel rispetto dei doveri che la società impone ai professionisti attraverso la centralità e la qualità del progetto.
Questa ricorrenza, in questo preciso momento storico, è fondamentale per riscoprire «Il ruolo sociale dei professionisti», con l’intento di promuovere un percorso virtuoso e condiviso con l’intero sistema Ordinistico e con le Istituzioni di riferimento. Gli Ordini professionali in Italia hanno svolto per un secolo un ruolo fondamentale nell’interesse della collettività, non sono dei sindacati che devono proteggere l’interesse dei propri iscritti, ma devono garantire ai cittadini la professionalità, la competenza, l’aggiornamento, la diligenza e la deontologia dei propri iscritti. E’ da qui che nasce il valore sociale del professionista garantito da un sistema ordinistico, che va sicuramente riformato, ma indispensabile per garantire determinati requisiti a chi ne fa parte.
E’ necessario intervenire con azioni concrete sul territorio nazionale a vantaggio della categoria e delle comunità, con particolare attenzione alla legislazione di riferimento, tra cui il Testo Unico sull’Edilizia, il Codice dei Contratti, la proposta di Testo Unico sui Bonus, la proposta di legge sull’Opera di Ingegno; le leggi per la qualità dell’Architettura e sulla Rigenerazione Urbana, il Pnrrr. Ciò che differenzia maggiormente un libero professionista da una società è che il professionista esegue un “opera di ingegno” frutto del suo intelletto nell’interesse collettivo, mentre la società produce beni e servizi materiali frutto di un’organizzazione di impresa, di tecnologie, di infrastrutture che si addicono alla produzione di beni materiali e non prestazioni intellettuali. Altra differenza sostanziale è l’indipendenza e l’assoluta autonomia di un libero professionista a differenza di un impresa che deve risponder a logiche di mercato, concorrenza, interessi particolari e non generali, il libero professionista deve rispondere solo alla propria coscienza e deve essere messo nelle condizioni di operare sempre nella massima libertà.
Inoltre l’Architetto ha un ruolo sociale importante, quale figura unitaria di coordinamento dei processi di trasformazione del territorio, rigenerazione urbana e qualità del progetto, sono necessari incentivi strutturali (e non continuamente modificabili) per promuovere la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, dal punto di vista architettonico, energetico ed antisismico; e, ancora, l’equo compenso, la centralità del progetto e la valorizzazione dell’opera di ingegno.
L’equo compenso come requisito imprescindibile per giungere alla qualità della prestazione professionale. Strada pressoché sbarrata ai giovani che con grande difficoltà riescono ad accedere alla libera professione. Appare evidente una necessità impellente di riappropriarsi del ruolo sociale che da sempre connatura la professione, svincolandosi del tutto da quel principio che, in nome della concorrenza, ha equiparato i professionisti alle imprese, trascurando gli impulsi primari che muovono le azioni progettuali: l’etica e lo slancio verso la realizzazione e la tutela degli interessi generali a cui punta chi svolge un lavoro di pubblica utilità.
Il confronto sul ruolo dei professionisti, sulle grandi problematiche comuni, coinvolge le diverse professioni, non possiamo fare questa battaglia da soli dobbiamo unirci agli avvocati, ai commercialisti, ai medici, agli altri tecnici per fa emergere insieme il valore della Professione in Italia. L’evoluzione della tecnologia, delle nuove tecniche di costruzione, dei nuovi materiali, le nuove soluzioni anche nella gestione e nell’organizzazione dello spazio hanno imposto un moltiplicarsi delle competenze specialistiche e dunque sempre più necessario operare in termini sinergici cogliendo la multidisciplinarietà che ci appartiene.
Fare squadra per portare avanti alcuni temi che stanno a cuore a diverse categorie professionali, è questo il mandato che dobbiamo darci, con l’obiettivo di accendere i motori di alcune innovazioni sentite come necessarie. Se guardiamo all’etimologia della parola professione, questa deriva dalla parola latina professio che deriva da profiteri che significa dichiarare apertamente. E allora questa parola racchiude l’essenza del ruolo del professionista: noi dobbiamo esprimere il nostro pensiero e proferire, ossia dare manifestazione del nostro pensiero nell’interesse della collettività.
Infine è fondamentale, oltre che necessario, la costruzione di un percorso che vada verso nuove norme che promuovano le società multi-professionali. Il nostro lavoro non possiamo farlo più da soli, abbiamo bisogno dell’ingegnere, del geometra, del geologo, del perito, dell’avvocato e anche del commercialista e perché no, del giornalista, per la comunicazione. Per rilanciare le professioni in Italia serve una nuova legge che favorisca le società professionali che devono essere trattate, dal punto di vista contributivo, come fossero liberi professionisti; dal punto di vista fiscale, come se fossero società. Occorre una legge che favorisca però società vere di professionisti e non di capitali, superando le Stp che non funzionano e che hanno scarso appeal: all’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia su 20mila iscritti non si arriva neanche a dieci Stp. E, anche il ruolo sociale dell’architetto va rivendicato: il bene pubblico, l’interesse comune devono essere al centro di ogni azione professionale. Un concetto che negli ultimi decenni si è andato a scontrare con la logica del libero mercato e con la tendenza a considerare il professionista come mero operatore economico, con il conseguente indebolimento del suo ruolo sociale. Riaffermare la vera natura dei professionisti, smantellando quell’interpretazione, scritta nelle leggi, che li considera alla stregua dell’impresa, è dunque fondamentale. Fare squadra e farlo capire alla politica.
I professionisti e gli Ordini professionali devono lavorare tutti insieme è l’unico modo per fare passi in avanti, dobbiamo garantire al cittadino la qualità e l’unico modo per farlo è assicurare la necessaria professionalità, ma possiamo farlo solo tutti insieme.
Dobbiamo anche favorire l’accesso dei giovani professionisti al lavoro garantendogli percorsi di crescita e sviluppo, in questo sarà fondamentale lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che come tutte le novità importanti può avere un ruolo fondamentale in positivo o in negativo a secondo di come si utilizza, dipende molto da noi come utilizzarla rispettando i principi che guidano la nostra professione e che vanno nella direzione di perseguire il bene comune.
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